“Non sono l’amante di Germania Biondo e con l’omicidio di Paolo Vivacqua non c’entro nulla”.
Sono queste le parole di Diego Barba, investigatore privato ma anche titolare di un esercizio commerciale che vende materiale elettrico, pronunciate davanti al Gip del tribunale di Monza Alfredo De Lillo ed al Pm, Donata Costa, titolare dell’inchiesta riguardante il delitto del “rotamat” di Ravanusa che in Brianza aveva fatto fortuna grazie ad una serie impressionante di operazioni illecite.
Barba, la settimana scorsa è finito in carcere insieme alla presunta amante, Germania Biondo, prima moglie di Paolo Vivacqua, Salvino La Rocca, Antonino Giarrana e Antonino Radaelli, questi ultimi già detenuti perché condannati per l’omicidio di Franca Lojacono, consuocera di Vivacqua avvenuto nel giugno 2012. A parte l’investigatore privato, gli altri arrestati hanno preferito non rispondere alle domande del Gip, attendendo così un momento diverso per fare dichiarazioni soprattutto dopo aver preso contezza delle carte processuali a loro carico. Per il difensore di Barba, l’avvocato Paolo Sevesi, è inevitabile la richiesta al Gip Di Lillo, di scarcerazione del suo assistito. Insomma, si delinea chiaramente, dopo gli interrogatori di garanzia le linee di difesa. Gli altri difensori degli arrestati con ogni probabilità ricorreranno al tribunale della Liberta di Milano. La complicatissima storia ha vissuto l’ultima importante puntata con l’arresto dei cinque indagati per l’assassinio di Paolo Vivacqua, ucciso il 14 novembre 2011 con sette colpi di pistola nel suo ufficio di Desio. Germania Biondo e Diego Barba, per i carabinieri del capitano Pantaleo, sarebbero i mandanti, Salvino La Rocca, ritenuto appartenente alla “stidda” sarebbe l’intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali (ritenuti tali) Giarrana e Radaelli reclutati proprio dal La Rocca in cambio di 60 mila euro.