“Vogliamo fare il bene dell’Italia, rivoluzionando la burocrazia e costruendo un Centrodestra come una grande coalizione di moderati”. Un Teatro Pirandello affollato fino all’inverosimile e di certo con problemi di sicurezza che nessuna “commissione di controllo” avrebbe mai avallato, ha accolto oggi pomeriggio il Ministro degli Interni e segretario del “Nuovo centro destra, Angelino Alfano. Presenti un pò tutto lo stato maggiore della nuova coalizione che mira a fondare e raggruppare i moderati: Schifani, Bosco, Fontana, Marinello, Cascio, Pagano, La Via indicato come il candidato europeo che a “Bruxelles ha fatto bene”, infine una pattuglia di giovani rappresentanti della politica locale (Balistreri, Cardella, Anna Sciangula, Carmelo D’Angelo) insieme ai sindaci di Sciacca e San Giovanni Gemini. (Di Paola e Panepinto). Ed è Renato Schifani ad imprimere inizialmente un rinnovato scatto d’orgoglio perché – dice – “Non c’è qui il Ministro degli Interni, il cittadino di Agrigento ma il dirigente dell’intero centrodestra”. Nel ricordare i passaggi (alcuni inediti) che costrinsero al distacco da Berlusconi verso il quale è stata rinnovata perenne stima, Schifani fornisce una notizia dell’ultim’ora: il passaggio di Storace a Forza Italia. “Non sbagliavamo nel dire che Forza Italia era diventato un partito estremista” e si lascia andare ad una battuta ironica “Cosa non si fa per racimolare qualche voto”. Schifani non può fare a meno di ricordare “l’onda vendicativa contro di noi” e aggiunge che mai e poi mai “potevamo iscriverci alla parabola della distruzione di un progetto, un progetto che è vincente perché noi siamo quelli del coraggio”.
“Tutto quello che potevamo fare l’abbiamo fatto, certo magari abbiamo commesso errori”- esordisce l’acclamatissimo Alfano, e ricorda l’episodio della chiusura dell’ospedale di Agrigento (“una notte di scelte drammatiche con Bertolaso”), il finanziamento della SS 640 fatto insieme all’allora presidente della Provincia Fontana, l’attenzione per le vittime della tromba d’aria e dimentica di citare i suoi meriti per il dissalatore. Non dimentica invece quella che rappresenta la frase chiave del suo discorso che insieme alla mozione degli affetti agrigentini fa breccia perforante nell’immaginario del popolo alfaniano che alzandosi in piedi coglie l’occasione per mostrare striscioni da stadio: ”Non sono qui per dirvi di aderire a un Partito ma alla fondazione di una politica. Una politica molto somigliante al darsi. Noi siamo questi, gli agrigentini ci conoscono e questa è una bella giornata di battesimo per il nuovo movimento che vedrà la sua costituzione ufficiale il 12 e 13 aprile a Roma”. E sui concetti di “Dio patria famiglia” Angelino Alfano accenna con pudore alla sua personale esperienza e storia politica e calca vigorosamente l’accento su patria e famiglia citando la vicenda dei nostri “marò” e tutti in piedi con un fragoroso applauso che rischia di sommergere l’invito alfaniano: ”Da qui, da questo teatro, vada il sostegno della comunità agrigentina ai nostri “marò”. E poi sulla famiglia ricorre alla poetica ginecologica del battito del bambino nella pancia della madre, al “diritto naturale che viene prima del diritto positivo, lo Stato viene dopo, noi difendiamo la famiglia perché è la famiglia che ci sta consentendo di fronteggiare la crisi”. Ha le sue buone ragioni, Alfano, a dire che questa Europa è poco condivisibile così com’è anche se ”la pace ha un nome, quello dell’Europa, un’Europa che però non dev’essere solo quella che detta austerità dei conti, che misura il diametro del cocomero e gli ingredienti del cioccolato, deve oggi maggiormente pensare all’economia e alle frontiere, senza una Germania che ha paura dell’inflazione e un’Italia che ha paura della recessione”. Bruciano ancora al ministro la visione dei sacchi mortuari nell’hangar di Lampedusa: ”Non smetterò mai di parlare di quelle visioni e se l’Europa non si interessa a quella frontiera, l’Europa perderà se stessa. Noi siamo i campioni dell’accoglienza ma una prima battaglia del Frontex riguarda la sicurezza”. Sul governo, Angelino Alfano è trionfalistico e dopo aver dichiarato nei giorni scorsi che “la manovra di Renzi non è di sinistra”, stasera dice che “abbiamo avuto ragione e dobbiamo andare avanti“ e criticando Berlusconi e quel clima di estremismo che si era creato conferma che “non potevamo consegnare il Paese alla sinistra”. E liquida l’attuale Forza Italia con un pesantissimo ”FI non significa prospettiva di governo. Noi siamo prospettiva e governo”. Con un azzardo finale: ”Ci siamo solo noi che vogliamo fare il bene dell’Italia”.